Come
l’architettura può emulare, risolvendo questioni progettuali, non semplicemente
forme, ma soluzioni messe a punto dalla natura nel corso di milioni di anni
Recentemente in architettura due particolari campi di
conoscenza stanno trovando un interessante punto di convergenza. Il primo è
rappresentato da una disciplina, fino ad una ventina di anni fa relativamente
marginale, ma che - grazie al contributo di autori come JanineBenyus, Steven
Vogel o Julian Vincent - si è andata quasi completamente riconfigurando,
generando ricadute significative in ogni campo, anche in architettura. Nella
sua evoluzione attuale, la biomimetica (nota anche come biomimicry) anziché limitarsi, come in passato, all’emulazione
delle forme presenti in natura ed a semplici, e spesso banalizzanti, questioni
stilistiche, prende spunto da - processi, principi di funzionamento,
caratteristiche di integrazione con l’ambiente - osservabili nelle forme di vita presenti su
questo pianeta da milioni di anni. Il secondo è la
crescente ed esponenziale capacità dei computer di modellizzare e riprodurre leggi, comportamenti ed elementi del mondo
naturale - dalla sequenza del DNA a configurazioni come scheletri o gusci -
secondo procedure in precedenza impossibili, se non probabilmente
inimmaginabili. I
software Soft Kill Option (SKO), ad
esempio – messi originariamente a punto dall’ingegnere tedesco Klaus Mattecksulla base di un principio che caratterizza la
struttura degli alberi - progettano in
modo semi-automatico manufatti estremamente efficienti in termini di solidità e
leggerezza. Difficilmente realizzabili con metodi convenzionali, possono essere
costruiti tramite procedure di stampa 3D. Come i mezzi e sistemi di produzione
industriale ebbero un'impronta fondamentale sulle caratteristiche
dell'architettura Moderna, cosi questa nuova convergenza tra sviluppi
tecnologici ed emulazione di criteri presenti in natura, potrebbe dare origine ad
un’evoluzione l’architettura? Un'architettura dove, come nel mondo naturale,
strutture estremamente complesse sarebbero anche le più resistenti, leggere ed
efficienti. Dove nuove tecniche di fabbricazione, suggeriscano, anziché una
“costruzione”, un principio di "crescita" ad impatto ambientale
pressoché nullo, simile a ciò che la natura ha messo a punto secondo un
principio di prova ed errore di circa 3,8 miliardi di anni?
Carlo Ezechieli
Carlo Ezechieli