Malgrado
la tecnica prevalga ormai in modo assoluto sui principi, in alcuni casi è
proprio la ricerca di una logica strutturale che sta alla base della comprensione
profonda della materia …o della sua assenza.
“Quanto
pesa l’anima? E’ un interrogativo vano per una risposta senza senso. Impossibile
attribuire un peso ad un’entità immaginaria e distinta, per definizione,
dal’implicita materialità di un corpo. Ma la ricerca dei principi di
funzionamento strutturali e fisici, propri della materia, porta spesso a strani
interrogativi come quello, celebre, di Louis Kahn: “Cosa vuoi essere, mattone?
E il mattone risponde: voglio essere un arco”. Un dialogo immaginario di un
vecchio che vuole “animare” un oggetto? Conoscendo le opere di Kahn si direbbe
l’esatto contrario. Si tratta piuttosto di porre le giuste domande per
scoprire, riuscendoci, la natura
profonda, il principio e, in breve, l’anima, di un materiale che, in modo
coerente, può dare origine a forme. Si tratta dell’infinita dialettica tra
coppie antinomiche, molto comune in architettura: luce (che in inglese si dice
“light” che significa anche “leggero”) e peso, fisico e immateriale, spazio e
materia. Ed è un dialogo che è possibile rintracciare in molte opere recenti.
Tra molte altre, nella Seed Cathedral di Thomas Heatherwick per l’Expo di
Shanghai. Nel padiglione di Wolfgang Buttress per Expo 2015, dove
l’applicazione di un principio strutturale di estrema chiarezza dà origine ad
una sorta di materializzazione di un point
cloud, la tecnica secondo la quale, da un “fantasma” numerico, possono
essere prodotti e realizzati oggetti concreti. E soprattutto, nella ricerca di Edoardo
Tresoldi, intervistato in questo numero, precisamente indirizzata all’assenza
di materia”
Carlo Ezechieli
Carlo Ezechieli