Da alcune recenti e significative architetture emerge un concetto inedito e sempre più diffuso: la perdita della convenzionale distinzione tra natura e artificio 


Facendo un’estrema semplificazione, l’approccio dell’architettura verso ciò che chiamiamo “natura”, si è distinto nel tempo secondo tre filoni principali. Quello “mimetico” che, in mezzo a molte sconcertanti banalità, include vette sublimi, come i paesaggi di F.L. Olmsted. Quello “organico”, ben rappresentato da F.L. Wright, dove l’architettura anziché mimetizzarsi, integra e si adatta ad una condizione data in natura. Ed infine un filone che potrebbe definirsi “tecnologico”, dove strutture dichiaratamente artificiali si rapportano al contesto, o contraddicendolo, fino ad annullarlo, o svincolandosi completamente, come nelle suggestive self-contained cities di ispirazione lecorbuseriana. L’approccio che tuttavia emerge dall’opera e dai discorsi di alcuni autori odierni - tra gli altri Wolfgang Buttress, presente nel numero 63 di IoArch, e Yunja Ishigami, protagonista di questo numero - sembra sfuggire sia alle categorizzazioni tradizionali, sia alle sovrastrutture culturali dalle quali queste hanno avuto origine. Il presupposto filosofico di base è quello di una “natura” alla quale, come genere umano, “naturalmente” apparteniamo, rendendo la convenzionale e rigida distinzione tra natura e cultura, estremamente fluida. Se l’architettura può essere intesa come una stupenda forma di espressione dell’immaginazione e dell’ingegno umano - che interviene imitando, integrando, o contrastando la natura - le opere di questi autori sembrano invece agire diversamente. Il tutto nella consapevolezza che qualsiasi nostra azione si sviluppa nell’ambito di una rete relazionale indefinitamente complessa, incommensurabilmente estesa ed insondabilmente profonda alla quale, inevitabilmente, apparteniamo. Ma se i presupposti si evolvono, quali sono allora le forme di espressione e quale il pensiero che le impronta? È questo il tema che abbiamo cercato di esplorare nei limiti di questo numero.

Carlo Ezechieli

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